domenica 30 marzo 2008

le riflessioni di Teatro Sotterraneo

Teatro Sotterraneo a Uovo Critico si è trovato nel proprio elemento. Per cui ringraziamo. Kataklisma, Lucidi, Podoff. Il pubblico. Studi, prove aperte, dimostrazioni di lavoro, sono tutte cose che appartengono alla pratica di questo gruppo. Verificare una porzione di lavoro anche distante dal debutto è per noi di estrema utilità: chiarisce, (ri)direziona, smentisce o conferma la risoluzione di certi problemi. A Uovo Critico abbiamo potuto verificare molto. L'incontro successivo alla prova ha anche toccato alcuni nervi scoperti del nostro alfabeto condiviso, alcuni aspetti teorici su cui spesso manca il tempo di trovare una sintesi: usciamo da Kataklisma più consapevoli del punto in cui ci troviamo sulla produzione e sollecitati sul piano dell’autoanalisi. Questo grazie a Marcantonio Lucidi, la cui irruzione fra noi e i nostri oggetti ha lasciato il segno come poche. Ma lo dobbiamo anche alla grande partecipazione del pubblico, sia in risposta al lavoro che durante l'incontro, dove alcuni interventi hanno saputo spostare in modo molto interessante quel che noi portavamo o centrare la nostra ricerca in modo quasi spiazzante. Per cui l'apertura al pubblico ci è servita ancora una volta: Uovo Critico è stato uno dei rari casi in cui i fatti, anzi il fare, ha superato la noia delle annose questioni, semplicemente attuando una pratica. Non era semplice far funzionare una cosa così, e siamo soddisfatti di averne fatto parte.
Teatro Sotterraneo

le riflessioni di Marcantonio Lucidi

Contro i topi del pensiero
Due lavori di un collettivo di ricerca fiorentino per "Uovo critico", serie di appuntamenti con la nuova scena performativa


Si chiama "Uovo critico" ed è un progetto dal sottotitolo esaustivo: "appuntamenti tra critica e nuova scena performativa". Le responsabili dell'iniziativa, Elvira Frosini e Laura Neri, hanno individuato otto compagnie giovani italiane e a ciascuna abbinato un critico che la segue nel suo periodo di rappresentazioni romane con incontri, conversazioni, interviste. L'altro giorno in locandina all'Arvalia, c'erano i fiorentini del Teatro Sotterraneo che hanno proposto due creazioni collettive, Eko e Una tantum. La seconda rappresenta uno studio a posteriori di una produzione precedente, Post-it, dalla quale sono stati tratti i materiali. Quindi già il fatto di realizzare una ricerca post facto dà idea del metodo di costruzione e decostruzione continua delle immagini e delle azioni sceniche che il gruppo pratica. Infatti gli artisti del Teatro Sotterraneo, quattro performer e un dramaturg, si autodefiniscono così: «Un collettivo di ricerca in cui cinque elementi coabitano una pratica orizzontale che va dalla progettazione del prodotto scenico alla sua circuitazione». Non c'è un regista, si fa tanto laboratorio, e un dramaturg, figura di derivazione tedesca, offre la partitura verbale, una serie di «ponti di parole» che permettono, quando necessario, di saldare i vari momenti di uno stile di rappresentazione eminentemente visivo tutto fondato sull'azione fisica, sul gesto, la postura, il segno. Fino a lambire la clownerie. Interessante: costringe lo spettatore a diminuire lo stato di veglia, anzi di allarme, razionale per affidarsi alla coscienza intuitiva. Tutto ciò ricorda gli anni Settanta, specialmente nella proposta di una differenziazione tra scrittura scenica e scrittura drammaturgica, epperò v'è anche l'impressione che il gruppo deve qualcosa alla grafica per internet, dove le pagine sono luoghi in cui varie cose accadono in contemporanea e sovente svincolate dal consueto rapporto logico causa-conseguenza a favore di una relazione analogica. In questo senso, nella tendenza all'analogia, si potrebbe definire quanto si vede in scena un teatro di natura femminile, ossia meno statuario, affermativo, argomentativo, di quello tradizionale, drammaturgicamente strutturato, che diremmo maschile. Epperò altrettanto organizzato se non addirittura più rigoroso perché quanto mai delicata e fuggevole è la rappresentazione dei processi intuitivi e delle concatenazioni concettuali analogiche fondate su principi di somiglianza, riconoscimento, identità.
Poi c'è la questione, esterna allo spettacolo, del rapporto fra artista e critico. Negli anni Settanta, la prossimità eccessiva fra chi opera e chi recensisce a lungo andare ha generato mostri. Una relazione che poteva essere feconda si è degradata, come molte cose in Italia, in un sistema di promozione del potere intellettuale e al vantaggio economico di vari critici e di qualche artista. Poi, la temperie storica mutata, la critica cosiddetta militante è finita ma ne è rimasta una parodia, fascistoide nel suo essere decadente e autoritaria, atta a giustificare il perdurante clientelismo. Un fenomeno che, va detto, è avvenuto soprattutto a sinistra (anche perché a destra, critici teatrali con un minimo di levatura se ne sono contati assai pochi). "Uovo critico" quindi è una lodevole iniziativa volta a mutue conoscenze e riconoscimenti. Merita di crescere e diventare una nuova rete di relazioni nel campo del teatro. Vigilando che su questa rete non si mettano a correre, come già successo in passato, i topi del pensiero.
Marcantonio Lucidi
Left_21 marzo 2008

sabato 29 marzo 2008

la terza serata

per avere un'idea di come sia andata
per immaginare cosa può aspettarci negli altri incontri

18 marzo 2008_terzo appuntamento di UOVO CRITICO
Teatro Sotterraneo | Marcantonio Lucidi





a cura di RICCARDO FREZZA

DEPOSITO

Sabato 29 marzo_DEPOSITO

Non si fa più gruppo per fare teatro? Quali sono i gruppi che resistono in Italia e oltre e vivono la dimensione produttiva come dimensione esistenziale e condivisione artistica? Essere gruppo e essere singolo, confrontarsi con gli altri e ascoltare ferocemente se stessi; praticare la solitudine per meglio rafforzare la propria voce, è stata ed è una dimensione connaturata alla formazione artistica (attore-regista, autore).

L'incontro con Roberto Corradino ha messo in evidenza – e l'ha sottolineato Nico Garrone – che l'eclettismo e la molteplicità variata delle pratiche sono invece diventate naturali nella costruzione dell'esperienza professionale di un attore-autore del nuovo millennio (nel suo caso: Sandro Lombardi e Pippo Delbono, Marco Martinelli e Ermanna Montanari, Danio Manfredini e Valdoca).

Ci chiediamo: fare tante e diverse esperienze, equivale a non scegliere, a non sapere cosa mi piace e cosa rifiuto, chi sono io, e quali i miei maestri?

Le mie "affinità elettive" hanno qualcosa che li accomuna o è vanificato il criterio di "distinguere" e "fare differenze", comprendere ciò che fa contrasto e ciò che è affine?

Valentina Valentini


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Valentina Valentini insegna all'Università della Calabria e al Corso di Studi in Arti e Scienze dello Spettacolo dell'Università di Roma "La Sapienza". Le sue ricerche comprendono lo spettacolo nel Novecento e il campo delle interferenze fra teatro, arte e nuovi media.

giovedì 27 marzo 2008

podcast R. Corradino-Reggimento Carri | G. Capitta

è on line l'intervista tra l'autore-attore Roberto Corradino di Reggimento Carri e il critico de «Il Manifesto» Gianfranco Capitta, protagonisti del quarto appuntamento di UOVO CRITICO 2008.


a cura di PODOFF

lunedì 24 marzo 2008

28 marzo 2008_quarto appuntamento

venerdì 28 marzo 2008, h 21
Reggimento Carri - Roberto Corradino
| Gianfranco Capitta

Kataklisma teatro (MAPPA)
ingresso 1 € con tessera a sottoscrizione
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA

UOVO CRITICO ospita l'esperienza barese di Roberto Corradino, che fonda Reggimento Carri nel 2000 e, tre anni dopo, è finalista del Premio Scenario con Piaccainocchio. A confronto con Gianfranco Capitta, critico teatrale de «Il Manifesto».

Conferenza
(Un piccolo dominio non ancora perduto)
di e con Roberto Corradino


"Creerò ciò che mi è accaduto.
Solamente perchè vivere non è narrabile.
Vivere non è vivibile"
La Passione secondo G.H., Clarice Lispector

allestimento e luci, occhio esterno Vincent Longuemare
col sostegno di Teatro Kismet O.per.A
si ringrazia Teatroscalo di Modugno

Atto IV, scena I
Atto IV, scena prima, Riccardo II, William Shakespeare. Riccardo secondo d’Inghilterra sta per essere deposto; ma Riccardo è prima di tutto un poeta e da poeta abdica e si fa deporre, muore al mondo attraverso le sue parole, dilata l'azione e rompe il tempo come solo il poeta sa e può fare. Un attore solo in conferenza, al momento della deposizione, nel corpo sacro del re. Il pubblico come i Lord o Pari d’Inghilterra in attesa dello spettacolo della caduta del re.

Conferenza è prima di tutto una tentazione. Identità, corpo e solitudine incarcerate nella regalità deposta di re Riccardo, come luoghi d'indagine privilegiati delle nevrosi della contemporaneità. La tentazione eretica di rivoltare la solitudine della malattia nel pensiero di un poeta. Una decorazione intorno al vuoto, esibita al pubblico, di ciò che è il pensiero per il poeta che non può più essere un re. La lunga soggettiva mentale della caduta in differita di un re scespiriano, un eroino fallito che intrattiene da morto parlante gli spettatori, avendo ancora tanto da dire.



BARI

ROBERTO CORRADINO - Attore autore, si è formato all'INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico) e seguendo laboratori di Santagata, Spiro Scimone e Francesco Sframeli, Raffaello Sanzio Socìetas, Danio Manfredini, Ornella D'Agostino, Living Theatre, Delbono e Robledo, Marco Martinelli.
Nel 2004 produce Perché ora affondo nel mio petto riscrittura dalla Pentesilea di von Kleist, e La commedia al sangue, liberamente ispirato al romanzo Di questa vita menzognera di Giuseppe Montesano in coproduzione con la compagnia Grammelot e il festival dei Mondi di Andria. In lavorazione il cantiere "Nudo e in semplice anarchia", riscrittura dal Riccardo II di Shakespeare di cui ha debuttato il prologo Conferenza (un piccolo dominio non ancora perduto).

GIANFRANCO CAPITTA - Giornalista de «Il Manifesto», cura da sempre su quel quotidiano la rubrica del teatro. Per Radio3 Rai tiene servizi e collegamenti di cultura e spettacolo, in particolare le dirette degli spettacoli dai teatri. Ha lavorato nell'editoria, ha scritto due libri su Harold Pinter, qualche saggio su artisti e registi, e per Einaudi ha curato il volume dedicato alla Smorfia. Dal 1999 al 2004 ha diretto la parte teatrale delle Orestiadi di Gibellina, e nel 2002 la Biennale Giovani di Torino. Scrive anche su altri giornali e riviste, italiani e stranieri.

domenica 23 marzo 2008

la seconda serata

per avere un'idea di come sia andata
per immaginare cosa può aspettarci negli altri incontri

07 marzo 2008_secondo appuntamento di UOVO CRITICO
Alessandra Cristiani | Mariateresa Surianello













a cura di RICCARDO FREZZA

sabato 22 marzo 2008

DEPOSITO: Sulle forme di Dialogo

Sabato 22 marzo_DEPOSITO
Sulle forme di Dialogo

Mi pare che l'attività artistica, intellettuale, critica in periodi come quello che stiamo vivendo di bassa dose di ideologia/utopia/tensione verso il cambiamento, si caratterizzi per forti accenti isolazionisti.

Registro da più di un decennio la mancanza di interrogazione, problematizzazione pubblica degli eventi che stiamo vivendo (nell'ambito circoscritto del teatro), ciascuno per sé. Soprattutto manca il desiderio e l'esigenza di guardare se stessi attraverso gli occhi degli altri: anche a costo di bruciarsi perché lo sguardo dell'altro può anche incendiare, gelare, lacerare. Non si ha il coraggio e non si vuole correre il rischio di andare incontro a lacerazioni, ferite. Si preferisce l'anestesia del non confronto, evitare i possibili conflitti, il pericolo e il rischio di mettersi in crisi, di chiedersi: ha senso il percorso che ho intrapreso, dove mi porta, quali le prospettive, i compagni di viaggio, le parole d'ordine, con chi faccio cordata, chi mi accompagna, chi mi butta dalla torre?

Non mi trovo d'accordo con chi pretende di liberarsi dall'ossessione del giudizio, che significa non valutare l'efficacia di un'azione. Questa tesi è nettamente contraria al dialogo.

Un altro tipo di dialogo è quello con chi ci ha preceduto.

La generazione degli anni Novanta, più che mitizzare i modelli della tradizione del nuovo teatro, si è pensata senza padri e senza maestri, cancellando piuttosto che svalutando le neoavanguardie, forti del fatto - implicito o esplicito - che la cultura postmoderna ha dichiarato in effettuale l'avanguardia - ma non i suoi miti.
La libertà per le generazioni più giovani non sta nel ricominciare da zero, quanto ricostruire su nuove basi quanto è stato smantellato: personaggio, racconto, testo. È con le questioni lasciate aperte da quella stagione sperimentale che bisogna confrontarsi perché essere radicati in una tradizione ci permette di spostarci e di mutare orizzonti.

Valentina Valentini

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Valentina Valentini insegna all'Università della Calabria e al Corso di Studi in Arti e Scienze dello Spettacolo dell'Università di Roma "La Sapienza". Le sue ricerche comprendono lo spettacolo nel Novecento e il campo delle interferenze fra teatro, arte e nuovi media.

venerdì 21 marzo 2008

podcast A. Cristiani | M. Surianello

è on line l'intervista tra la performer Alessandra Cristiani e la critica de "La Differenza" Mariateresa Surianello, protagoniste del secondo appuntamento di UOVO CRITICO 2008.

a cura di PODOFF

lunedì 17 marzo 2008

podcast Teatro Sotterraneo | M. Lucidi

è on line l'intervista tra il collettivo fiorentino Teatro Sotterraneo e il critico del settimanale «Left-Avvenimenti» Marcantonio Lucidi, protagonisti del terzo appuntamento di UOVO CRITICO 2008.

a cura di PODOFF

DEPOSITO

Lunedì 17 marzo_DEPOSITO

Aldilà della valutazione (valore artistico), connesso al giudizio critico su un'opera-spettacolo, (esercizio in disuso anche per mancanza di interlocutori: quale autore-compagnia, gruppo riesce a sostenere/affrontare un giudizio critico, una valutazione sul proprio lavoro?)

Ritorneremo su questo tema.

Aldilà della valutazione, un'opera-spettacolo ha valore (non artistico), se scopre e mostra una urgenza, una motivazione che l'ha spinta a nascere, comporsi, venire alla luce, offrirsi pubblicamente.

Può essere sufficiente, come motivazione, il desiderio degli autori di fare teatro, di assumere il ruolo di regista, scrittore, attore, se tale desiderio non è sostenuto saldamente da un'ossessione, nel senso dell'ipotesi di ricerca, che vale nel fare teatro come nello scrivere un testo: perché scrivo questo testo, cosa voglio dimostrare, cosa confutare, cosa cercare, comprendere? Se pensiamo ai maestri della seconda metà del Novecento, riconosciamo in loro una ossessione che li spingeva a fare.

Cerco sempre, negli spettacoli che vedo tale urgenza, come elemento minimo che giustifichi il lavoro dispiegato dagli autori e l'attenzione prestata dagli spettatori.

Tale domanda potrebbe percorrere gli incontri di Uovo critico.

Valentina Valentini

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Valentina Valentini insegna all'Università della Calabria e al Corso di Studi in Arti e Scienze dello Spettacolo dell'Università di Roma "La Sapienza". Le sue ricerche comprendono lo spettacolo nel Novecento e il campo delle interferenze fra teatro, arte e nuovi media.

venerdì 14 marzo 2008

18 marzo 2008_terzo appuntamento

martedì 18 marzo 2008, h 21
Teatro Sotterraneo | Marcantonio Lucidi

Kataklisma teatro (MAPPA)
ingresso 1 € con tessera a sottoscrizione
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA


Prima della pausa pasquale UOVO CRITICO propone l'incontro tra il collettivo fiorentino Teatro Sotterraneo, creatosi nel 2004 da esperienze diverse di danza contemporanea, teatro, performing art, scrittura creativa e canto, e il giornalista e critico teatrale del settimanale «Left-Avvenimenti», Marcantonio Lucidi, autore di Le mani sulla cultura. Le malefatte dei berlusconidi nella tv, nel teatro, nel cinema, nell'architettura, nella pittura, nella storiografia. Sempre alla ricerca di un dialogo, si aprono strade inesplorate e, speriamo, condivise.

La Cosa 1
materiali di studio
Una prova aperta sui lavori in corso per la produzione 2008 La Cosa 1

La serialità come campo d'indagine, dato formale della contemporaneità, forza d'immaginario collettivo e ordine sociale: La Cosa 1 agisce sul replicarsi di un meccanismo, sulla costruzione di un apparato fondato su ripetizione e riconoscibilità, su un montaggio di immagini e modi comunicativi standardizzati, propri dei bagagli esperienziali di ciò che possiamo oggi definire un "cittadino". Ognuno sperimenta la serialità numerose volte ogni singolo giorno: Teatro Sotterraneo lavora sulla complessità di questo ripetersi.

creazione collettiva: Teatro Sotterraneo
in scena: Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri
elaborazione drammaturgia: Daniele Villa
disegno luci: Roberto Cafaggini
costumi: Lydia Sonderegger
produzione 2008 Teatro Sotterraneo
co-produzione Fies Factory one, Festival Armunia Costa degli Etruschi, Es.terni
col sostegno di Fabbrica Europa
promozione Elena Lamberti

info@teatrosotteraneo.it
www.teatrosotteraneo.it

FIRENZE

martedì 11 marzo 2008

la prima serata

per avere un'idea di come sia andata
per immaginare cosa può aspettarci negli altri incontri

29 febbraio 2008_primo appuntamento di UOVO CRITICO
MAddAI | Donatella Bertozzi









a cura di RICCARDO FREZZA

venerdì 7 marzo 2008

07 marzo 2008_secondo appuntamento

venerdì 07 marzo 2008, h 21

Alessandra Cristiani | Mariateresa Surianello

Kataklisma teatro (MAPPA)
ingresso 1 € con tessera a sottoscrizione
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA

Secondo appuntamento per UOVO CRITICO edizione 2008: dopo MAddAI ancora un'occasione per esplorare la nuova scena performativa contemporanea. Un lavoro che la Cristiani presenta all'interno del dialogo già instaurato con la Surianello per ZTL-pro.

irelallabye
breve danza, è un lavoro giovane, non ha un vero e proprio comunicato per la sua acerbità, se non una semplice frase, una dedica: "...all'infazia dei pensieri"

Alessandra Cristiani
Premio Excelsior come migliore attrice per il corto La foto, regia Sara Masi (1997). Dal teatro di marca odiniana approda alla danza attraverso una personale esplorazione del training fisico dell'attore. Studia danza contemporanea con Moses Pendleton, Giovanna Summo, Domenique Dupuy; la nuova danza giapponese con Masaki Iwana, Akira Kasai, Akaji Maro, Tadashi Endo, Ko Murobushi, Joko Muronoi, Hisako Horikawa, Toru Iwashita, Daisuke Yoshimoto.
Si laurea in Metodologia e Critica dello Spettacolo. Crea e dirige con la compagnia Lios, la rassegna internazionale di danza buto Trasform'azioni, in collaborazione con il Teatro Furio Camillo di Roma. Fa parte della compagnia Habillé d'eau diretta da Silvia Rampelli.
Con la performance d.n.a.-di natura assente, progetto di Stefano Taiuti (Zeitgeist), è a Romaeuropa Festival 2007. Come solista presenta: Fiori, Notturno, Eco, io è un altro, In canto, Geynest under gore, XY, Langelo, Entrana, Irelallabye, nudo.nuda (coproduzione tra Teatro Furio Camillo e ZTL-pro per Scenari Indipendenti).


Mariateresa Surianello
Giornalista e critica teatrale. Dopo l'esperienza di «Liberazione», conclusasi nel 1998, fonda e dirige "Tuttoteatro.com", la prima rivista italiana online di informazione e critica teatrale. Nel 2004 idea il Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche "Dante Cappelletti" e ne cura la direzione. Dal 2007 è direttore artistico del Teatro Civile Festival di FestambienteSud. Suoi articoli sono usciti su «Il Manifesto», «Aprile», «Hystrio», «Art'O». Collabora al progetto "Scenari Indipendenti" come redattrice di "Differenza.org".

mercoledì 5 marzo 2008

le riflessioni di MAddAI

Eccomi qui a parlare dell'esperienza di Uovo Critico.
Ricordo già quanto è stato stimolante partecipare al primo Uovo l'anno scorso, dove abbiamo presentato uno studio di acerbo.
Quella sera, per la prima volta nella mia vita, mi sono ritrovata faccia a faccia con il pubblico a parlare dello studio a cui avevano appena assistito; nello stesso luogo dove lo studio era appena stato presentato.
Alcuni lunghi momenti d'imbarazzo e di silenzio, sia da parte mia e del mio gruppo che da parte loro, difficile passare dal piano della danza, del creativo, del linguaggio corporeo, delle visioni al piano verbale...
Ho visto lo sforzo della gente che s'impegnava in questa traduzione, poi sono arrivate timide le prime domande, i primi rimandi... Poco dopo la situazione si è scaldata, gli interventi sono diventati frequenti e vari... mi è sembrato un tempo denso e lungo quello passato lì.
Un tempo che si collocava a metà strada tra la performance (studio, spettacolo, rappresentazione dal vivo...) e il dibattito, tra il livello dell'esperienza e quello dell'elaborazione razionale... una zona di mezzo tra questi due mondi... interessante. Tra l'altro il tema della mia ricerca era molto attinente a tutto ciò. Quindi ancora più interessante. Diciamo che senza ipocrisia si è potuto parlare di un incontro vero e proprio.
Ad immaginarla la cosa non mi convinceva troppo. Non so perché avevo paura che non fosse possibile uno scambio genuino... La sensazione che mi hanno lasciato altre occasioni simili (dibattiti e quant'altro sui temi più disparati, sempre nell'ambito della danza, del corpo, etc... ) è stata spesso di superficialità, di sterilità... anche se odio generalizzare. Inoltre devo confessare che ho una naturale avversione per le parole, per certi contesti delle parole... È un mio limite.
Invece quella chiacchierata nutriente ha avuto le sue ripercussioni per molto tempo dopo. Da lì, da quegli stimoli sono ripartita per proseguire il percorso di ricerca in sala verso la realizzazione dello spettacolo acerbo.

Quest'anno Uovo Critico affianca ad ogni artista un critico e a MAddAI viene offerta la preziosissima occasione di incontrare Donatella Bertozzi (critico di danza).
Anche qui può sembrare un modo di dire, incontrare un critico... la prima cosa che mi sono detta è stata: i critici chi sono? dove sono? s'incontrano? Quando le organizzatrici di Uovo Critico mi hanno raccontato il percorso regolato da una serie di appuntamenti con Donatella Bertozzi, di nuovo le perplessità, sarà qualcosa che rimarrà sicuramente ad un livello troppo formale mi sono detta...

Mi è stato chiesto ora di parlare di quest'esperienza ma faccio fatica... è troppo fresca, non ho la piena consapevolezza di cosa è stato, anche perchè tra l'altro credo (e spero) che non sia ancora terminata...
Quindi butto lì le prime impressioni...

Donatella è venuta ad assistere ad una nostra prova, poi abbiamo partecipato noi MAddAI e lei ad un podcast realizzato da Podoff e infine il 29 febbraio era presente alla prima data di Uovo Critico dove abbiamo portato lo studio Time Remap e ha partecipato molto attivamente al dibattito che ne è seguito.
Lo trovo paradossale che un artista si ritrovi a parlare di una critica, ma probabilmente per ricucire questo buco è necessario passare anche per questo... Ho apprezzato di Donatella la curiosità con cui si è accostata al nostro lavoro. L'ho trovata simpatica, vivace, acuta, colta, innamorata del suo lavoro, competente... e quando dico competente non lo dico per presunzione ma per sottolineare la rarità di questà qualità, per sua stessa ammmissione i critici di danza sono una specie in estinzione...

Le prime parole che emergono sono: particolare, emozionante, nuovo, insolito...
Già solo la presenza di un occhio esterno, la qualità di quella presenza, prima ancora dei suoi rimandi e delle sue parole può bastare a farti nascere degli interrogativi... l'esterno è sempre uno stimolo, per sua natura.
Non ho la più pallida idea oggi di come questa esperienza influirà sul mio percorso artistico... so di certo che lo farà...
Aspetto con ansia di leggere cosa scriverà su di noi Donatella, anche se in realtà ho già avuto modo di ascoltare alcuni suoi rimandi su più livelli, tutti per lo più positivi...
Forse proprio perchè affamata di segnali e di rimandi mi aspetto e spero che entri ancora più nello specifico del lavoro... certo non è facile, ha visto solo una prova e uno studio....
Uovo Critico è l'inizio di qualcosa, che ha senso già di per sé, ma che ha ancora più senso nel proseguimento... Che ha senso per noi in quanto artisti, ripeto, il confronto con l'esterno è vitale, è fondamentale, è occasione di crescita... è spesso assente...
Ha senso per i critici, ovvio...
Ha senso per il pubblico, che gioca un ruolo molto attivo...

Credo che siamo abituati veramente poco a questi confronti così complessi.

Mi auguro che quest'esperienza possa proseguire, anzi che possa moltiplicarsi... che ne venga riconosciuta dalle istituzioni l'importanza... non sto qui a ripetere delle cose già dette...

Simona Lobefaro - MAddAI

le riflessioni di Donatella Bertozzi

Di seguito riportiamo il frutto della prima esperienza UOVO CRITICO: le riflessioni della storica e critica di danza Donatella Bertozzi.

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UOVO CRITICO, 29 FEBBRAIO 2008
MAddAI – SIMONA LOBEFARO | DONATELLA BERTOZZI


È stata un'ottima esperienza, affrontata con qualche perplessità da parte mia, svoltasi in fasi diverse con grande semplicità, un pizzico di fortuna, e reciproca soddisfazione, mi pare.
Mi ha fornito ulteriori preziosi elementi di conoscenza per il mio lavoro e spero – ma, senza falsa modestia, anche credo – abbia reso pure un utile servizio agli artisti coinvolti.

È stata un'esperienza che mi è piaciuto fare ma che, tuttosommato, mi piacerebbe – almeno "in un mondo ideale" – non dovesse ripetersi.

Cercherò di spiegare perché.

In sette anni di attività del gruppo "MAddAI" – fondato come coreografa da Simona Lobefaro (artista che collabora, come danzatrice e creatrice, anche con il gruppo "sistemi dinamici altamente instabili") – non mi era mai capitata l'opportunità di vedere, neanche una sola volta, il loro lavoro. Eppure vado a teatro da quasi vent'anni per quasi trecento sere l'anno, e capitano, qualche volta, giorni in cui devo andare anche due volte.
Informandomi – e conoscendo un po' il lavoro dell'altro gruppo con il quale Simona Lobefaro collabora – avevo però avuto occasione di segnalare il lavoro di MAddAI nella rubrica quotidiana che tengo da ormai quasi sei anni sul Messaggero. Credo tuttavia che se non fosse stato per "Uovo critico" sarebbero passati ancora molti mesi, forse anni, prima che mi riuscisse di intercettare almeno una volta il lavoro di Maddai.*

Come ho detto avevo in principio delle perplessità.
Non mi convinceva l'abolizione, per le caratteristiche dell'iniziativa, della normale "sana" distanza fra artista e critico, necessaria secondo me perché ciascuno possa svolgere al meglio il proprio lavoro. In particolare l'artista, che da un'eccessiva vicinanza col critico non può che essere – potenzialmente – che danneggiato. Poiché si espone in modo molto più drastico che durante una performance o uno spettacolo. Ma anche il critico rischia (meno) di perdere qualcosa nel momento in cui si abolisca, o almeno si riduca fortemente, la sua distanza dall'artista. La prima cosa che rischia di perdere è la credibilità agli occhi del pubblico. Per la semplice e intuitiva ragione che chiunque capisce che è difficile, quando non impossibile, mantenere un atteggiamento efficacemente critico nei confronti di qualcuno con cui condividi troppe cose.

Comunque ho accettato: innanzitutto per sanare la distanza materiale, in termini di tempo e di luogo nei confronti di un gruppo che pensavo valesse la pena conoscere. E poi perché mi pareva che l'iniziativa di Uovo Critico lanciasse con forza un segnale di allarme che andava sostenuto e amplificato.

La fortuna, per me, è stata che MAddAI partecipasse alla prima edizione del concorso coreografico "Equilibrio" e fosse stato selezionato fra i dieci gruppi finalisti. Questo mi ha dato l'opportunità, di fatto, di vedere comunque il loro lavoro per la prima volta con la "classica" distanza giusta e devo dire che quel che ho visto mi ha interessato molto. Nell'atmosfera stagnante della prima giornata del concorso il gruppo MAddAI ha portato una ventata di energia finale che ha spazzato l'apatia, scompaginando perfino la disposizione delle sedie in sala e presentandosi con qualcosa dal carattere veramente e intrinsecamente diverso e apparentemente subito positivamente riconducibile – almeno nell'ambito di una cornice ufficiale come quella dell'Auditorium – alla loro identità di artisti "diversi", nati e in gran parte cresciuti nell'ambito di un'esperienza specifica come quella di un centro sociale occupato e autogestito. (Quando più tardi nel corso della realizzazione della nostra trasmissione in streaming ho fatto questa osservazione, Simona si è un po' arrabbiata )

Dopo questo incontro sono andata ad assistere ad un paio d'ore di prove.
Questa è stata la prova più difficile, più che altro per loro, credo, ma anche per me.
Avendo cominciato come danzatrice – nell'ambito della danza contemporanea degli anni Ottanta – ho passato ore e ore in sala prove e ne conosco l'atmosfera (ma loro, credo, questo a quel punto non lo sapevano) perciò non credo di poter fraintendere più di tanto quello che accade. Ciononostante ognuno ha suoi ricordi e opinioni e idee di come debbano andare le cose ed è sempre rischioso testare questo materiale da un punto di vista critico. È un'atmosfera infinitamente fragile e si rischia di ricavare (e poi conservare) impressioni negative da quel che si vede anche quando queste non sono assolutamente giustificate. Oggi sappiamo poi fin troppo bene che ogni osservatore influenza il procedimento sperimentale che osserva, e se questo è vero per la scienza figuriamoci per l'instabilità intrinseca di qualunque esperimento artistico... Ad ogni buon conto i danzatori/performer di MAddAI se la sono cavata egregiamente, secondo me, riuscendo abbastanza rapidamente a fare "come se non ci fossi" (spero anche, un po', per la mia capacità di mimetizzarmi con l'ambiente ...) e a lavorare "comunque".

Devo dire che, in quell'occasione, mi ha straordinariamente sorpresa la loro capacità di parlare fra loro un liguaggio a me assolutamente incomprensibile ma da ogni punto di vista linguisticamente coerente: parlavano e non li capivo ma capivo perfettamente che loro si capivano minuziosamente e dettagliatamente: questo mi ha dato l'idea di un gruppo molto coeso e concentrato nel raggiungimento di obbiettivi comuni e già anche sufficientemente chiari. Ricordo ancora troppo bene, per esperienza diretta, certi inconcludenti e vuoti "ba bla" delle prove che andavano avanti per ore, per non riconoscerli al volo e non capire quando si tratta di tutt'altro: di un vero percorso "segreto" e comune fra artisti.

Dopo le prove ci siamo fermati a pranzo e abbiamo chiacchierato un po' confrontando le nostre reciproche storie di vita: mi pareva naturale visto che io ero "ovviamente" autorizzata a conoscere dettagliatamente il loro curriculum che in questo caso di abolizione delle distanze fossero in grado anche loro di conoscere, ed eventualmente giudicare, il mio.

La sera ci siamo visti a "Podoff": sono rimasta veramente sopresa della grande professionalità dei ragazzi di "Podoff": in qualunque altro paese europeo – esclusi forse i paesi dell'Est recentemente entrati a far parte dell'Unione, ma non ne sono sicura – sarebbero in grado di vivere del loro lavoro. Qui a Roma non sono certa che questo succeda. Mi piacerebbe ricevere una smentita.

Anche l'esperienza a "Podoff" mi è stata utile come punto di osservazione: Simona si è dimostrata una persona particolarmente timida ma molto preparata. Ha idee chiare e sa dove vuole andare.

Ultima tappa – prima della scrittura di questa relazione, che è l'ultima tappa ufficiale – il lavoro in teatro. Kataklisma teatro è uno spazio effettivamente minuscolo e io che avevo visto la sera prima alla Sala Petrassi – uno spazio almeno venti volte più grande di Kataklisma – uno spettacolo di cinque artisti (bravi ma "pecioni" si direbbe a Roma) che hanno passato l'intera serata a tentare di evitare di pestarsi i piedi e di prendersi a ceffoni, sono stata colpita dalla precisione e dall'economia di movimenti che hanno consentito ai sette di MAddAI di ripetere con analoga efficacia nello spazio di Kataklisma l'energetica performance già proposta al Teatro Studio dell'Auditorium una quindicina di giorni prima.

Il lavoro è ancora ad un primo stadio ed è difficile dare un giudizio. Ma si può dire fin d'ora che si tratta di un lavoro costruito con grande accuratezza, indubbie capacità di valutare e ponderare i valori temporali e spaziali in gioco, costruendo al contempo – grazie al contributo degli interpreti, attraverso l'improvvisazione, come è stato successivamente spiegato nel corso dell'incontro col pubblico – dinamiche di movimento ricche di valori energetici e che si combinano in un modo interessante, "quasi" raccontando una storia. Anche se Simona ha precisato – grazie ad una cruciale domanda di Valentina Valentini, presente alla serata – che a lei non interessa affatto raccontare storie. Ma il movimento di ciascuno, se ben congegnato in termini di forza spazio e tempo, racconta sempre qualcosa di interessante.

L'incontro con il pubblico ha confermato la mia convinzione che quando qualcuno ha le idee chiare queste vengono comunicate con facilità, almeno nella danza. Punti di forza e punti di debolezza della composizione sono stati indicati dal pubblico con precisione quasi clinica.

Aggiungo che il contributo di Valentina Valentini – almeno per me che vengo dalla "vecchia guardia" – è stato particolarmente significativo per stabilire un ponte, prezioso, con una stagione non troppo lontana ma cruciale della danza sperimentale italiana, quella degli anni Ottanta. Stagione nella quale risultò determinante l'apporto e il sostegno critico e affettuoso di una personalità come quella di Giuseppe Bartolucci (di cui recentemente Valentina Valentini ha curato un'importante raccolta di testi). Allora per la prima volta si avviò una riflessione critica sugli autori della danza italiana e sulle loro opere. Quella stagione critica troppo rapidamente si dissolse anche proprio per il progressivo venir meno della semplice possibilità pratica di esercitare una critica. Oggi che internet comincia a fornire non solo spazi – quelli ci sono già da diversi anni – ma aggregazioni coerenti di forze che fanno intravedere addirittura la possibilità che emerga finalmente una nuova "giovane critica", c'è da augurarsi che esperimenti come quello di Uovo Critico contribuiscano alla rinascita e alla elaborazione di un nuovo autorevole pensiero critico sulla danza contemporanea italiana. Ciò che finirebbe, speriamo, per giovare concretamente alla buona salute sia fisica che artistica dei nostri autori, oggi una specie, nel proprio paese, a serio rischio di estinzione.


Donatella Bertozzi
Roma, 5 marzo 2008


* Molte e diverse le ragioni. La principale è l'apparente assenza di qualunque possibilità di ricambio generazionale – allo stato attuale delle cose, nel nostro paese – per la "vecchia" professione del critico. Anche le ragioni di questa impossibilità sono varie, ma possono riassumersi, a mio parere, nell'assoluto disinteresse, quando non del disprezzo, per le ragioni della cultura (a meno che questa non si traduca in fonti immediate di profitto), che anima in modo pervasivo e analogo, con poche eccezioni, la classe dirigente e la classe politica nel nostro paese.
Non ci sono più critici perché l'elaborazione di un pensiero critico sulla cultura "non fa comodo" a chi ha interesse a governare la cultura esclusivamente a colpi di strepitosi successi di pubblico. Questo sta producendo la morte – o peggio, in molti casi l'intima deformazione – di quelle risorse umane e materiali che offrivano al pubblico, colto e meno colto, la possibilità di formarsi nel tempo un'opinione personale sulla produzione culturale corrente. Quel che è peggio, rischia di produrre la rapida asfissìa di quel ricco tessuto di artisti-artigiani, sempre fiorente nei secoli nel nostro paese, che sono il nerbo di qualunque linguaggio artistico ma che, non essendo "grandi" o "grandissimi" non sono considerati non dico degni di una seria considerazione e attenzione critica (questa non tocca più neanche a "grandi" e "grandissimi" che in massima parte sono semplicemente "presentati" e "intervistati" dai media) ma neanche di una semplice menzione. Naturalmente ci sono eccezioni (la mia stessa rubrica e tutte quelle dedicate allo spettacolo sul Messaggero) ma sono frammenti, schegge o minuscole correnti, perennemente a rischio di andare in secca, anche per le condizioni di crescente schiavismo che caratterizzano il lavoro all'interno dei media nel nostro paese.